La più bella commedia!

La più bella commedia!

Immaginate di andare ad assistere ad una commedia. Siete di buon umore; vi accomodate, ed una gradevole canzoncina, eseguita da una schiera di ninfe e di pastori, vi accoglie piacevolmente, promettendo di farvi dimenticare dispiaceri, dolori, angosce. Ottimo inizio: ci si incontra per stare in buona compagnia, rilassarsi, mangiare, bere, chiacchierare con comari e compari, scambiarsi battute di spirito, ridere di gusto… Siamo in pieno Rinascimento! Ben venga maggio!, si declama, e Chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza!

In una sala poco attenta e decisamente chiassosa, entra il Prologo, e sbrigativamente vi accenna la trama della commedia in rappresentazione: annuncia che vedrete una donna bella e virtuosa, moglie di un dottore vecchio e sciocco, ingannata da uno spasimante giovane e meschino, con la complicità di un parassita impostore e di un monaco corrotto…

Il Prologo, con tono forse inquietantemente inespressivo, vi augura di venire ingannati anche voi allo stesso modo! Improvvisamente cala il silenzio, non ride più nessuno: non vi sentite più tanto a vostro agio; pensate: «Inaudita villania

Ma, in tono minaccioso, il Prologo va oltre e vi fa capire che vi conviene dar vista di apprezzare lo spettacolo… altrimenti saprà ben farvi vedere di cosa egli sia capace…

Rimanete impietriti: sapete l’autore, Niccolò Machiavelli, essere un tipo eccentrico, presuntuoso, permaloso, vendicativo, e magari innocuo, forse, ma certamente capace di arrecare più fastidio di quanto non sia necessario. Meglio non indispettirlo: mostrerete una cortesia di circostanza. Del resto, ormai siete lì: andarvene sarebbe sgarbato, e, chissà che rappresaglie e sceneggiate rischiereste di scatenare… Meglio ingoiare il rospo, e far buon viso a cattivo gioco…

Prestiamo un minimo di attenzione; o almeno fingiamo.

La commedia è “La Mandràgola”. La vittima del turpe raggiro – come ci si può sbagliare? – si chiama Lucrezia: sì, proprio come l’antica eroina romana raccontata nella “Ab Urbe Condita” di Tito Livio, e ri-raccontata nel corso dei secoli innumerevoli volte, persino da William Shakespeare nel poemetto “The Rape of Lucrece”.

Ricordate? Lucrezia viene insidiata a tradimento, minacciata di morte – e, peggio!, di infamia –, terrorizzata e infine brutalmente violata da Sesto Tarquinio, amico del marito di lei, e figlio di Tarquinio il Superbo, re etrusco di Roma, tiranno sanguinario e spietato.

Lucrezia sa di essere innocente, ma non accetta di vivere nel disonore: meglio morire che sopportare l’onta d’un tale sopruso! Fa chiamare il padre ed il marito, racconta il misfatto, reclama vendetta; quindi afferra un pugnale e mostra a tutte le donne romane come difendere la propria dignità. Tutti rimangono inorriditi, sdegnati, furenti.

Lucio Giunio Bruto, lì presente, con parole infuocate sobilla il popolo, e questo si solleva contro i Tarquini, li caccia, dà fine alla monarchia, prende il potere… ed inaugura la Repubblica! La res publica, la cosa pubblica, la cosa di cui ci dobbiamo tutti ugualmente occupare perché riguarda tutti, perché «Quando una cosa importa a molti, molti ne hanno a aver cura

Ecco, se prima non era ancor chiaro, ora dovrebbe cominciare ad esserlo. Messer Niccolò vi ha giocato un brutto tiro: vi aveva promesso una commedia, e invece vi presenta il manifesto programmatico d’una fazione politica… repubblicana… lui che tuttora soffre e s’offre… al Principe… chissà quanto lealmente…

Ve l’ha fatta!

Sconsolàti, vi rassegnate a seguire, con ansia, timore e malcelato malumore, una storia che l’autore potrebbe voler condurre a qualsiasi esito, il più inatteso e sgradito.

Con sorpresa, tirando un sospiro di sollievo, osservate che in realtà la commedia si svolge in maniera gradevole, quasi boccaccesca (cfr. Decameron III:6), benché in un’atmosfera cupa, grave e, più volte, terribilmente greve.

Avete capito che la Lucrezia di Machiavelli rappresenta allegoricamente la città che si fa Repubblica – Firenze! Forse, chissà?, un giorno persino l’Italia?

La Lucrezia di Machiavelli è sposata a Nicia, un vecchio sciocco, becero, impotente, squattrinato; altolocato, forse, un tempo; ma ormai decaduto; un sospetto vi turba: che Nicia rappresenti l’inetta, gretta, patetica aristocrazia dei mille signorotti italiani?

Lucrezia viene concupita da Callimaco, un ricco giovane, bello, prestante, intraprendente, ma impulsivo, poco riflessivo, incapace di calcolare i rischi con fredda razionalità, incostante: che costui rappresenti l’emergente classe mercantile che ambisce ai privilegi della vecchia nobiltà?

Callimaco ha un servo plebeo, Siro, e si avvale anche dei servizi di un parassita astuto e cinico, Ligurio. Insieme corrompono un monaco, Fra Timoteo, che li aiuterà ad imbrogliare Nicia; insieme imbroglieranno la madre di Lucrezia, Sostrata, che non esiterà un attimo ad imbrogliare la figlia. Compare qui l’intero universo della malvagità e della miseria umana.

Vi guardate intorno e ridacchiate al pensiero che molti dei vostri vicini assomiglino straordinariamente ai personaggi sulla scena. Con confusa inquietudine notate che anche i vostri vicini vi guardano, e sogghignano furtivamente…

Tradita da tutti, Lucrezia acquisisce una maggior consapevolezza di sé, e decide di volgere in proprio favore l’avversa fortuna che l’ha condotta, ignara, tra le braccia di uno sconosciuto. Abbandonandosi per la prima volta in vita sua alla passione amorosa e al piacere dei sensi, Lucrezia decide di accettare Callimaco come amante: «e quel che ’l mio marito ha voluto per una sera, voglio ch’egli abbia sempre». Lucrezia, che prende in mano le redini del suo destino, induce il monaco corrotto a celebrare un rito sacrilego, dissacratorio, in cui Nicia e Callimaco diventano compari, inconsapevolmente sottomettendosi entrambi alla volontà della moglie/amante che d’ora innanzi entrambi governerà.

Ecco, Messer Niccolò vi ha mostrato le qualità che ritiene la città debba possedere per farsi Repubblica. Il pubblico, forse dissimulando il turbamento?, sembra in visibilio; vi unite all’applauso generale, benché l’inquietudine permanga – e v’accompagnerà attraverso una lunga notte…

Liber Eleutherios e Sara Eleutheria