Pasqua e le sue tradizioni

Pasqua e le sue tradizioni

Si dice “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”, a significare che Natale è una festa di famiglia, mentre Pasqua è una festa più allegra da passare in compagnia di amici, divertendosi fuori casa. Questo probabilmente perché, almeno in Europa e in Italia, Pasqua è nel periodo primaverile, quando tutta la vita rinasce, dopo l’inverno.

Della Pasqua nel mio piccolissimo paese della Pre-Sila calabrese, ho ricordi di tipo religioso e gastronomico.

Durante la Settimana Santa, le campane non potevano suonare, erano “legate”, cioè mute, per cui tutte le sue funzioni annunciate solitamente dallo squillo delle campane erano svolte dalle “Tocche” (in italiano “raganella” e forse il nome cambia da una zona all’altra). Erano strumenti di legno o di canna, costruiti in casa, che servivano a fare rumore, sostituendo i rintocchi delle campane nei momenti cruciali: l’annuncio del mezzogiorno, l’inizio della Messa e durante la Messa stessa.

La Cumprunta nella Piazza di Magisano (provincia di Catanzaro) con la statua dell’Immacolata e del Cristo risorto.

Il giorno di Pasqua, l’evento principale era la “Cumprunta”, cioè il confronto: l’incontro tra Cristo risorto e Maria Immacolata. Dopo la Messa, le due statue venivano portate fuori, davanti alla Chiesa. Si collocavano a distanza di circa 200 metri e, a passo svelto, andavano incontro l’una all’altra. Arrivati a 1-2 metri di distanza, ritornavano indietro. Si ripeteva l’incontro una seconda volta e solo al terzo confronto, Cristo riconosceva la Madonna e si inchinava ad essa, tra il tripudio della gente, la banda musicale che suonava ed eventualmente qualche fuoco d’artificio. Significava che Cristo risorto aveva finalmente riconosciuto, al terzo incontro, sua madre la Madonna. Poteva così iniziare la processione con le due statue portate per le strade e stradine del paese.

L’altro ricordo è gastronomico ed è legato al dolce tipico calabrese della Pasqua: la Cuzzupa, fatto di pasta dolce di forma varia, con inserite una o più uova bollite. Deliziosa da mangiare anche con qualche fetta di soppressata piccante. Spesso le ragazze la facevano particolarmente guarnita di uova per il loro fidanzato.

Le Cuzzupe calabresi

In Italia e anche in altre nazioni, le uova sono il vero simbolo della Pasqua: di gallina, bollite e decorate, di cioccolato, con o senza la “sorpresa” all’interno. Essendo un simbolo di vita, fertilità e rinascita, coincide con la primavera, stagione di ripresa della vita in tutta la sua floridezza. In molti popoli dell’antichità (Greci, Persiani, Cinesi) c’era l’usanza di scambiarsi le uova all’inizio della primavera.

Con il passare dei secoli, fra le famiglie più ricche arrivò l’uso di far preparare oggetti a forma di uovo con materiali preziosi e decorati con pietre di valore, per regalarli a persone care o importanti. Le più famose uova di questo tipo sono le 52 (per alcuni 59) preziosissime uova di Peter Carl Fabergé, orafo russo, che iniziò a prepararle nel 1885 su ordine dello Zar Alessandro III, come sorpresa di Pasqua per la moglie Marija Fëdorovna. La tradizione continuò con suo figlio Zar Nicola II, fino al 1917.

Uovo di Fabergé “Memoria di Azov” – 1891

Successivamente è arrivato l’uso, prevalentemente di tipo commerciale, delle uova di cioccolato, con all’interno la cosiddetta “sorpresa” fatta di solito dei piccoli giocattoli, che rende particolarmente felici i bambini. Non manca chi fa inserire all’interno anche oggetti preziosi, come anelli, spille o collane, da regalare alla persona amata.

Altra radicata tradizione è quella di mangiare la carne di agnello. E’ una usanza di origine ebraica e fa riferimento ad un episodio del Vecchio Testamento: Dio aveva ordinato a Mosè, mentre era ancora in Egitto, di dare a ciascuna famiglia un agnello e di sacrificarlo. Dopo averne mangiato la carne, se ne doveva cospargere il sangue sugli stipiti delle porte, per evitare il castigo divino che sarebbe toccato ai primogeniti d’Egitto. L’agnello è per i Cristiani simbolo di sacrificio e salvezza, come Gesù Cristo. Quindi molte tradizioni si incrociano, a discapito dei poveri agnelli. Per questo è nato un dibattito sulla eticità di sacrificare gli agnelli solo per ricordare un’antica usanza.

Altra consolidata tradizione è quelle della colomba pasquale. Essa si fa risalire al periodo longobardo, quando re Alboino, durante l’assedio di Pavia, ricevette, in segno di pace, un dolce a forma di colomba. Il re apprezzò il gesto e concesse la pace.

Oggi si fa molto uso commerciale di dolci a forma di colomba e tale tradizione forse nasce dall’idea di una famosa azienda dolciaria milanese, la Motta, che negli anni ’30, cominciò a lanciare sul mercato un dolce a forma di colomba, utilizzando l’impasto dei panettoni. Sorretto anche da vigorose campagne pubblicitarie, il dolce ebbe molto successo e da allora è presente a pieno titolo sulla tavola della nostra tradizione pasquale.