Per un sorriso: anche in tempi di Covid si può!

Per un sorriso: anche in tempi di Covid si può!

Prima ondata, seconda, terza…non parliamo di ondate da surf o di tsunami, ma di Covid, ancora e purtroppo, che potrebbe pure essere paragonato ad uno tsunami per lo stravolgimento dirompente che ha provocato in tutto il mondo.

Le ondate sono le varie fasi con cui si è manifestata la pandemia e, a parte le considerazioni sociali ed economiche, vorrei fare invece alcune riflessioni su un aspetto “culturale”, relativo alla risposta dei social a questa nuova ed inaspettata realtà.

Durante la prima ondata, quando il “mostro” è apparso, mi pare ci sia stata la sensazione di vivere un momento particolare, la consapevolezza e la curiosità di trovare i modi meno dolorosi o deprimenti per sopportarla.

Si è quindi scatenata una gara di clips, video, brevi filmati, foto, scenette e barzellette che ci arrivavano quotidianamente per suscitare un sorriso.

Per la verità, molte di queste produzioni erano davvero un po’ becere, grossolane o volgari addirittura, altre un po’ scontate ed ovvie, altre ancora un po’ melense e retoriche, ma alcune si sono rivelate vere chicche di sottile ironia, di conclamata comicità o di arguzia viva e intelligente.

E vorrei parlare proprio di arguzia, che il Dizionario della lingua italiana Devoto/Oli definisce ”quella prontezza e sottigliezza (con un accento di gradevole vivacità) nell’esprimersi”, che suscita ammirazione e stupore per la creatività che l’accompagna.

 

Alcune argute vignette sulla pandemia

 

Inizia poi il periodo delle vaccinazioni, pieno di speranze, e delle riaperture. Anche qui si scatena l’arguzia della gente.

 

 

In tal modo, quindi, l’arguzia assume un valore critico che induce alla riflessione e nel corso dei secoli è stata anche una preziosa fonte di sopravvivenza: come dire che una battuta ti può salvare la vita! E qui subito la memoria mi corre al Decamerone:

Novella IV del giorno 6, quella di Chichibio.

Era costui il cuoco di Messer Currado Gianfigliazzi, ed avendo offerto alla sua amata una coscia di una gru, uccello trampoliere, che stava cuocendo per un importante banchetto del suo padrone, rischiava di incorrere nelle ire di Currado.

Ecco però che la pronta risposta del cuoco “Signor mio le gru non hanno se non una coscia ed una zampa!”, raggela e spiazza il Messere che, per non insistere oltre davanti ai suoi ospiti, si ripromette di andare il mattino successivo allo stagno col cuoco per vedere le gru del posto e dimostrargli che esse hanno ben 2 zampe (e quindi 2 cosce!).

Quando poi il mattino sopravviene ed i due si avvicinano al fiume (Chichibio con gran terrore per le conseguenze del suo misfatto, Currado ancora molto adirato per la ostentata bugia del suo cuoco), ecco che appaiono “ben 12 gru, le quali tutte su un pie’ dimoravano, sì come quando dormono sogliono fare.” Al che Chichibio, esultando, le mostra al padrone, affermando che la sera prima aveva detto il vero: le gru hanno una sola coscia!

Ma Currado ribatte che avrebbe ben presto dimostrato che esse ne hanno 2 e comincia a gridare OH OH, spaventando le gru che così svegliate pongono giù l’altro piede e se ne volano via.

Currado quindi, rivolto trionfante al suo cuoco gli dice: “Che ti pare ghiottone? Non vedi che ne hanno 2?

“Chichibio sbigottito, non sapendo egli stesso donde gli venisse risponde: ”Messer sì, ma voi non gridaste OH OH a quella di ieri sera, perché se così aveste gridato, ella avrebbe così l’altra coscia fuor mandata, come hanno fatto queste”.

A Currado piacque tanto la risposta che tutta la sua ira si convertì in festa e riso e disse: “Chichibio, tu hai ragione, ben lo dovevo io fare”. Così quindi con la sua pronta e sollazzevole risposta Chichibio cessò la mala ventura e si pacificò col suo Signore”.

 

Ritornando all’arguzia…

Anche il famoso Camilleri parla di arguzia e afferma: “Dopo 13 dominazioni, noi siciliani abbiamo l’intelligenza e la ricchezza dei bastardi, la loro vivacità ed arguzia”, evidentemente necessaria per sopravvivere.

Pure a Napoli, terra di grandi vicissitudini storiche, il popolino ha sempre trovato nell’arguzia, nella pronta e vivace battuta, un modo per difendersi dai soprusi e sopraffazioni dei potenti o per arrangiarsi in una difficile realtà sociale.

Luciano De Crescenzo, napoletano verace, ingegnere prima e scrittore poi, sceneggiatore e fotografo è stato il cantore della “napoletanità” e nel suo libro di grande successo “la Napoli di Bellavista” ci mostra un microcosmo particolare in cui l’arguzia appunto è linfa vitale e vera fonte di umorismo spiazzante e disarmante.

Ecco allora alcuni esempi, come il fatto delle “scarpe scompagnate”:

“Mi scusi” chiese il cliente al venditore “ma queste scarpe sono un po’ diverse?”

“Nossignore, sono tali e quali”

“E a me sembrano diverse”

“E vi sbagliate”

“Come mi sbaglio? Questa qua, per esempio, ha la mascherina più corta”

“E che significa? Quelle scarpe adesso vi sembrano diverse perché stanno ferme. Se camminate invece diventano subito uguali. Ora voi me lo insegnate: che fanno le scarpe? Camminano. E quando camminano, una va avanti e una va indietro… E allora chi se ne accorge che non sono tali e quali?”

“Sì, però non mi posso mai fermare!”

“E chi ve l’ha detto? Vuol dire che quando vi fermate mettete un piede sopra all’altro, così come adesso sto facendo io, con indifferenza, e state a posto”.

Ritornando comunque a noi, purtroppo però, durante la seconda ondata di pandemia le cose mi sono sembrate peggiorare: le persone hanno vissuto le nuove chiusure a singhiozzo con insofferenza, stanchezza ed acrimonia, ed ora se di terza ondata di può parlare (e sempre e solo penso all’Italia), sta serpeggiando un senso di rivolta e addirittura di negazionismo!

Ma allora più che mai viva l’arguzia, il motto salace che sdrammatizza e davvero invidio chi li esprime perché elabora una reinterpretazione dei fatti che tutti abbiamo sott’occhio, visti però in una nuova e insolita prospettiva, tanto da farci subito dire: ”Ma perché non ci ho pensato io?”, come in questo caso, dove un semplice cambio di accento, (Aprìle, àprile), può suscitare un sorriso.

Sandra Zucchini Catizone