Curiosità architettoniche e toponomastiche* in giro per l’Italia

Curiosità architettoniche e toponomastiche* in giro per l’Italia

Durante i nostri viaggi (di quando si poteva andare liberamente, insomma in epoca pre-Covid), abbiamo probabilmente incontrato luoghi o cose particolari, o per il loro nome o per certe peculiarità, magari architettoniche.

Forse subito ci vengono alla mente le ardite e fantasiose costruzioni di Antonio Gaudì a Barcellona, dalla Sagrada Familia a Casa Batillo o a La Pedrera.

Volendoci però fermare in Italia, potremmo ricordare che anche noi abbiamo avuto architetti visionari ed estrosi.

Casa volante di Annunzio Lagomarsini, in provincia di La Spezia. Dal 1977 ha lavorato per 7 anni per realizzarla ed ha fatto tutto in autonomia. L’edificio si alza e si abbassa di 4 piani grazie a delle valvole idrauliche. Ruota su sé stesso e potrebbe anche essere spostato su dei binari.

Case Igloo di Mario Cavallè, nel quartiere Maggiolina di Milano. Progettate nel 19 46, sono circolari e su due piani.

Casa Albero di Giuseppe Perugini ed altri, che si trova a Fregene, in provincia di Roma. Progettata negli anni ’60, è un esempio di Brutalismo, che prevede l’uso di calcestruzzo grezzo in facciata.

Casa del Farmacista di Franco Purini e Laura Thermes, a Gibellina in provincia di Trapani, dove ci sono anche vari esempi di Land Art, tra cui alcune tele di Mario Schifano, il Cretto di Alberto Burri e sculture di Arnaldo Pomodoro: tutte opere che furono donate dopo il tragico terremoto del Belice del 1968 e che diedero nuova vita al Comune.

Anche nell’edilizia Istituzionale e Pubblica ci sono edifici che hanno un’impronta unica e specialissima che li fa immediatamente riconoscere. Ne segnaliamo alcuni qui di seguito.

Il Museo della Montagna di Messner. Progettato dall’Archistar siriana Zaha Hadid, è a 2257 metri di altezza sul mare a Plan de Corones, in provincia di Bolzano, ed offre una vista spettacolare sulle Dolomiti e sulle Alpi.

La stazione ferroviaria di Reggio Emilia dell’architetto spagnolo Santiago Calatrava. E’ avveniristica nel design e per costruirla sono servite circa 14.000 tonnellate di acciaio (una volta e mezzo il peso della Tour Eiffel).

Il Nuovo Polo della Fiera di Milano. E’ firmato da Massimiliano Fuksas ed è lo spazio espositivo più grande d’Europa. L’enorme copertura, chiamata Vela, presenta variazioni di altezza, che trovano riferimento nel paesaggio naturale: crateri, onde, dune, colline.

Centrale idroelettrica di Val Pusteria (provincia di Bolzano), a circa 800 metri di altezza sul mare. Il fabbricato centrale è in parte incassato in un pendio e raffigura una roccia stilizzata.

Centro Infanzia Ponzano Children, in provincia di Treviso. E’ opera dell’architetto spagnolo Alberto Campo Baeza. A detta dei bambini che ne sono i fruitori, somiglia ad una torta e copre circa 1.900 m2, più 5000 m2 di parco, e può ospitare un centinaio di bambini in età prescolare.

Da Milano a Palermo ci sono però tanti altri esempi di Palazzi fortemente caratterizzati per il loro stile, magari stravagante o eccessivo, ma che oggi sono comunque una preziosa testimonianza del loro tempo. Ecco allora:

Palazzo Castiglioni a Milano, col suo ridondante trionfo del Liberty. Voluto da Ermenegildo Castiglioni ed opera dell’architetto Giuseppe Sommaruga, fu a suo tempo molto criticato per l’eccesso decorativo e per certe nudità.

Palazzo Ghini a Cesena. Si presenta con una facciata con 4 file di finestre ed un portale centrale. Lo scalone monumentale con rampe parallele è molto imponente. Il piano nobile ha volte con affreschi e il Salone d’onore ha interessanti prospettive bicromatiche.

Rocchetta Mattei a Grizzana Morandi in provincia di Bologna. Si caratterizza per il gusto ecclettico e l’architettura “fantasy”, proprio come se fosse uscita da una fiaba, con torrette, cupole, finestre gotiche e merlature. Voluta dal conte Cesare Mattei, fu iniziata nel 1850, come dimora e laboratorio per i suoi studi di elettromeopatia, avversata dalla medicina ufficiale, ma apprezzata da grandi personaggi della sua epoca, come lo Zar del tempo. Il conte è anche citato ne “I Fratelli Karamazov” di Dostoevskij, capace di guarire il diavolo in persona dai reumatismi.

Palazzo di via Grottapinta a Roma. E’ un edificio curvo, perché poggia dove nel passato si trovava la cavea del Teatro di Pompeo, il primo teatro stabile di Roma, fatto cioè in muratura.

Palazzo della Cuba a Palermo, in stile arabo-normanno, era uno dei Sollazzi Regi più sontuosi dell’età normanna in Sicilia. Era insomma un giardino delle delizie e risale al 1180, per volere del Re normanno Guglielmo II il Buono. Curiosità nella curiosità, in questo luogo Giovanni Boccaccio ha ambientato una sua novella, la sesta della quinta giornata. Egli stesso così la sintetizza: “Gianni di Procida, trovato con una giovane amata da lui e stata data al re Federigo, per dover essere arso con lei è legato ad un palo; riconosciuto da Ruggiero de Loria, campa e diviene marito di lei”.

Per finire però in bellezza, è il caso di dirlo, questo excursus tra stranezze di edifici, concludiamo col ricordare alcune Meraviglie del nostro patrimonio artistico che hanno sì un nome strano, ma sono gioielli che abbelliscono da secoli le nostre città d’arte.

Mi riferisco, ad esempio, al Palazzo Te a Mantova (che non è del the!). Costruito nella prima metà del ‘500 per volere di Federico II Gonzaga, è il capolavoro dell’architetto e pittore Giulio Romano. Si chiama Te perché edificato su una isoletta chiamata, fin dal Medioevo, Tejeto (forse tiglieto, con tigli), abbreviata in Te, o da Tegia (capanna).

Il Palazzo Schifanoia a Ferrara mantiene quel che promette: “schivare la noia”, secondo lo scopo di svago e ricreazione del Palazzo, una “delizia estense “, costruito verso fine ‘300 per volere di Alberto V d’Este in una zona verde e amena, vicino all’antico corso del Po.

Sempre a Ferrara, possiamo ammirare il Palazzo dei Diamanti: sono tanti! Ben 8500 i blocchi di marmo, a punta, disposti sulla facciata del Palazzo Rinascimentale, tra i più belli e importanti del mondo. Questi blocchi sono di marmo bianco venato di rosa che creano particolari effetti prospettici, grazie anche alla diversa conformazione delle punte, orientate in modo diverso per meglio catturare la luce. Fu progettato da Biagio Rossetti per conto di Sigismondo d’Este, cominciando nel 1493, ed è il centro ideale della “Addizione Erculea”, cioè il raddoppio della città, voluta poi da Ercole d’Este.

Dopo questi monumenti alla gioia di vivere, possiamo però anche meditare sul nostro effimero destino ed ecco:

Il Portico della Morte a Bologna, la mia città. Prendeva il nome dal vicino Ospedale, ora sede del Museo Civico Archeologico. Nel 1336 esisteva già la Compagnia della Morte che si occupava dei malati gravi o senza speranza e anche “confortava” i condannati a morte. Sempre qui gli studenti di Medicina eseguivano le loro prime autopsie e insomma mai nome fu più appropriato! Ma la vita continua, nonostante tutto, e sotto il vasto portico, nel 1825, la famiglia Marchesi fondò una libreria, rilevata poi nel 1928 dalla famiglia Nanni (che tuttora la gestisce), che la corredò con le tipiche “bancarelle parigine”. Per inciso, di esse e del Portico, Pier Paolo Pasolini parla in una pagina dei suoi Quaderni e definisce quei luoghi “topici” nella sua formazione culturale…

Se poi un viaggiatore curioso e particolarmente energico volesse passeggiare ancora per strade o per paesi dai nomi comicamente evocativi, eccolo servito e potremmo seguirlo per

Via Battibecco o via Centotrecento o via Senzanome in quel di Bologna, o nel paese Altolà, (Modena) o Paperino (magari con Pippo e nipotini, in provincia di Prato), o Belsedere (Siena), Donnadolce (Ragusa), Femminamorta (Pistoia), Occhiobello (Rovigo),

Purgatorio (Trapani) o La California (Livorno)…

…insomma un itinerario un po’ pazzo tra nomi pazzerelli che sono però una realtà curiosa del nostro Bel Paese.

* Toponomastico: relativo ai nomi propri dei luoghi (città, regione, fiume, monte ecc.)

Sandra Zucchini Catizone