Riceviamo e pubblichiamo: Che tempi!

Riceviamo e pubblichiamo: Che tempi!

Chi avrebbe immaginato le centinaia di migliaia di morti, troppi da seppellire, e un bisogno di fosse comuni? Chi si sarebbe aspettato che famiglie ed amici fossero fatti a pezzi in questo modo, dovendo inventare saluti inusuali a causa del divieto di abbracciarsi, persino di avvicinarsi l’uno all’altro? O la separazione forzata da quei cari, a cui non è permesso di far visita, nemmeno ai malati o ai morenti, o non sapere, a distanza, se restano sani e salvi? O che anche in contatti casuali ci sarebbe bisogno di modificare il vestiario, di trovare modi per disinfettare gli oggetti che si passano l’uno all’altro e di usare metodi di pagamento non-touch?

Chi avrebbe potuto prepararsi per la moltitudine di disoccupati, con la fame una realtà per molti; per il collasso economico generale; per il governo che fa fatica ad affrontare la sfida delle provviste alla popolazione e nel contempo mantenere le frontiere chiuse; per la necessità di finanziare ampie misure sanitarie nonostante un’interruzione al reddito? Chi avrebbe previsto che questi stress economici avrebbero progressivamente minacciato di sopraffare la risposta necessaria per il controllo delle infezioni e potrebbero portare ad un declino a lungo termine?

Come può reagire una comunità a un tasso di mortalità estremo tra il personale che si prende cura dei malati nel vedere che queste rispettate persone che accettano il ‘privilegio’ di assumersi lavoro molto pericoloso sono pure soggette a discriminazione per l’eventuale rischio di contagio che rappresentano per gli altri?

Quale caos si sviluppa quando inizialmente un governo, e alcuni funzionari sanitari, negano che la malattia possa essere grave o diffusa, ma poi hanno il compito di incarcerare i cittadini e vietare le loro importanti celebrazioni – che spesso si tengono per mancanza di obbedienza o forte resistenza – e cercano di persuadere mostrando morti e morenti? Quali mezzi dovrebbero usare per controllare il disordine sociale pur evitando l’applicazione indiscriminata di nuovi regolamenti da parte di agenti delle forze dell’ordine troppo rigidi? Quanto è difficile quando i contagiati non possono essere identificati e l’origine e il comportamento della malattia sono incerti, anche per gli esperti che la studiano, mentre si diffondono teorie della cospirazione, con gruppi minoritari come bersaglio, il fomentare della xenofobia, l’ampliamento delle faglie tra stati rivali, la proliferazione di rimedi fasulli e lo sfruttamento dei vulnerabili da parte di elementi criminali.

Ma quanto gratificante è vedere la risposta di molti – ricchi e poveri, potenti e deboli – alla necessità di subordinare tutte le preoccupazioni e attività normali alla protezione contro l’infezione: dimostrazioni di un maggiore apprezzamento dell’importanza dei rapporti; gratitudine per gli operatori sanitari che si sacrificano da soli; accettazione che il tumulto dovrà seguire il suo corso; perfino un ottimismo per un nuovo ordine sociale dopo l’epidemia.

COVID-19 nel 2020? No, queste sono le descrizioni dettagliate della peste del 1630 a Milano, nel romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi Sposi (cap. XXXI-XXXVII). Molto familiare agli studenti delle scuole italiane, questo è lettura ideale durante il vostro isolamento, fornendo una prospettiva storica per ricordarci che non siamo proprio così eccezionali.

 (Grazie a Cav. Yvette Devlin per la sua revisione del testo)

Phillip Gray


Such times!

Who could have envisaged the hundreds of thousands of dead, too many to bury, a need for mass graves?  Who would have expected families and friends to be torn apart thus, having to invent unusual salutations because of the prohibition on embracing, even approaching, one another? Or the enforced separation from those loved ones, who are not allowed to visit even to the diseased or dying, or not knowing if they, at a distance, remain safe and well?  Or that even in casual contacts there would be a need to modify one’s dress, to find ways of disinfecting what is passed one to another and to use non-touch ways of payment?

Who could have prepared for the hosts of unemployed, with starvation a reality for many; for the general economic collapse; for government straining under the challenges of provisioning the population while maintaining a blockade; for a need to finance extensive health measures despite an interruption to income?  Who would have predicted that these economic stresses would progressively threaten to overwhelm the required infection control response and could develop into a long-term downturn?

How does a community respond to an extreme death rate among the carers for the ill, seeing these respected individuals accept the privilege of undertaking highly perilous duties, while also seeing these very carers discriminated against for being a potential source of contamination of others?

What chaos develops when initially a government, and some health officials, deny that the disease could be serious or widespread, but then have the task of incarcerating citizens and outlawing their important celebrations – often against considerable resistance and non-compliance – encouraging acceptance with displays of the dead and dying.  What means should they use to control social disorder while avoiding indiscriminate application of novel regulations by over-zealous law enforcers?  How difficult is it when the infected cannot be reliably identified, and the origin and behaviour of the disease are uncertain, even to those learned individuals studying it, while conspiracy theories abound, with the targeting of minority groups, the fuelling of xenophobia, the widening of fault lines between rival states, the proliferation of bogus remedies and the exploitation of the vulnerable by criminal elements.

But how gratifying to see the response of many – rich and poor, powerful and weak alike – to the need to make all usual cares and activities subordinate to protection against the infection: displays of an increased appreciation of the importance of relationships; gratitude to self-sacrificing health carers; an acceptance that the tumult will need take its course; even a looking-forward to after the epidemic with optimism for some new social order.

COVID-19 in 2020?  No, these are the detailed descriptions of the 1630 plague in Milan, in Alessandro Manzoni’s novel I Promessi Sposi (chs xxxi-xxxvii).  Very familiar to Italian school students, this is idea reading during your lockdown, providing an historical perspective as a reminder that we are not so exceptional.

Phillip Gray