Camp 60

Camp 60

The Italian Chapel is the only building that remains of Camp 60, a Prisoner of War (POW) camp constructed in the latter half of 1941. From January 1942 until the Spring of 1945 the camp housed Italian POWs of the 6th Anti Aircraft Regiment of the Mantova Division and men from the Italian Tank Corps.

Most of these prisoners, renamed the 5th Italian Labour Battalion, were captured at Tobruk and Benghazi following the North African campaign during WWII. The men were distributed to three POW camps in Orkney. They were brought in to assist the contractors with the construction of causeways, to block off the eastern approaches to Scapa Flow, where the British Fleet often lay at anchor.

The prisoners worked in the block casting yard filling gabions with quarried stone and finally laying the asphalt road across the completed causeways.

The prisoners’ civilian occupations covered a wide range of skills, from artists and sculptors to electricians and iron workers.

To make the camp more homely the prisoners laid concrete paths and planted flowerbeds beside the huts. The men constructed concrete tables and benches so they could eat outside when the weather allowed. To entertain themselves, lavish productions such as “The Baker of Venice” were held in a makeshift theatre. They published a newspaper called “Il Corriere della Domenica”, played billiards on a homemade concrete table and played bowls.

During the summer the prisoners organised sports competitions against other POW camps. In their spare time they crafted small trinkets which were sold to local people.

One thing the camp still lacked was a chapel.

The Italian prisoners in Orkney deeply felt the need for a place of worship. On September 30th 1943, Padre Gioachino Giacobazzi of the Order of Little Brothers arrived at the camp and through his enthusiastic efforts and the help of Major Buckland, the camp commandant, two Nissen huts were made available to the prisoners. They were placed end to end and were originally intended to serve as a school and a church. Domenico Chiocchetti, an artist, had originally constructed a concrete statue of St George Slaying the Dragon which presided over the camp “square”. He gathered together a team of craftsmen and began work on a sanctuary.

As Chiocchetti worked, the imagination to transform the drab huts into a magnificent place of worship inspired his fellow Italians. As one area of the hut was completed, the need to design further works of art became necessary. Completed sections made the rest of the hut uninviting and the workers decided to beautify the whole interior.

All of the work was accomplished under Chiocchetti’s supervision. Besides undertaking the pictorial and decorative work he also designed the altar, tabernacle, candlesticks, lamps, roodscreen, windows and coloured glass, and all the details of the ornamental woodwork. All of the work was expressed in terms of the simplest material – mostly scrap, wood from a wrecked ship and concrete sculptured with loving skill and care. Above the altar is Chiocchetti’s masterpiece. It is based on Nicolo Barabino’s Madonna of the Olives from a small picture given by his mother to Domenico which he carried with him throughout the war.

The chapel was in use for only a very short time. In May 1945, before it was completely finished, the prisoners were moved to Yorkshire for repatriation. Chiocchetti stayed behind to finish the font on which he was working.

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La cappella italiana a Orkney, nelle Isole Orcadi, è l’unico edificio che rimane dell’accampamento 60, un accampamento di prigionieri di guerra costruito nella seconda metà del 1941. Dal gennaio del 1942 fino alla primavera del 1945 il campo ospitò molti soldati e prigionieri italiani di guerra appartenenti al Sesto Reggimento Antiaereo della Divisione Mantova e uomini del Corpo Carri Armati.

La maggior parte di questi prigionieri fu rinominata il Quinto Battaglione del lavoro Italiano e venne catturata a Tobruk e Bengasi in seguito alla Campagna Nordafricana durante la II Guerra Mondiale. Gli uomini erano stati distribuiti in tre campi di prigionia nelle isole Orcadi. Essi furono portati per aiutare gli imprenditori nella costruzione di strade rialzate e bloccare gli approcci orientali a Scapa Flow, dove la flotta britannica era spesso ancorata.

I prigionieri lavoravano nel cortile di colata riempiendo gabbioni con pietre estratte dalla cava, posando infine l’asfalto sulle strade rialzate completate.

Le occupazioni dei prigionieri erano le più svariate e comprendevano artisti, scultori, elettricisti e lavoratori del ferro.

Per rendere più accogliente l’accampamento, i prigionieri costruirono percorsi in cemento e piantarono aiuole accanto alle baracche. Gli uomini costruirono panche e tavoli in cemento in modo da poter mangiare all’aperto quando il tempo lo consentiva. Nel campo si tennero sontuose produzioni come “Il Panettiere di Venezia” in un teatro improvvisato; veniva pubblicato un giornale chiamato “Il Corriere della Domenica” e si giocava a biliardo su un tavolo in cemento improvvisato e a bocce.

Durante l’estate i prigionieri organizzavano competizioni sportive contro gli altri campi di prigionia e nel tempo libero facevano piccoli ninnoli che vendevano alla gente locale. Una cosa che ancora però mancava nell’accam-pamento era una cappella.

I prigionieri italiani nelle isole Orcadi sentivano profondamente la necessità di un luogo di culto. Il 30 settembre 1943 Padre Gioacchino Giacobazzi dell’Ordine dei Piccoli Fratelli arrivò all’accampamento e, grazie ai suoi entusiastici sforzi e all’aiuto di Major Buckland, il comandante del campo, due capanne Nissen vennero messe a disposizione dei prigionieri. Esse furono collocate l’una di fianco all’altra. Originariamente erano destinate ad essere usate una come una scuola e l’altra come una Chiesa. Domenico Chiocchetti, un artista, costruì una statua in cemento di san Giorgio che uccideva il drago che presiedeva la piazza dell’accampamento. Egli riunì una squadra di artigiani e iniziò a lavorare per realizzare il santuario.

Nel momento in cui Chiocchetti iniziò i lavori, l’immaginazione di trasformare quelle tristi capanne in un magnifico luogo di culto ispirò i suoi compagni italiani. Completata una parte della capanna, la necessità di progettare ulteriori opere d’arte diventò un bisogno. Sezioni completate fecero il resto della capanna poco invitante e i lavoratori decisero di abbellire tutto l’interno.

Tutto il lavoro fu compiuto sotto la supervisione di Chiocchetti. Oltre a intraprendere il lavoro pittorico e decorativo, lui progettò l’’altare, il tabernacolo, i candelieri, le lampade, le finestre e i vetri colorati e tutti i dettagli della lavorazione del legno ornamentale. Tutto il lavoro fu realizzato con materiale semplice, principalmente rottami ferrosi, legno di una nave naufragata e cemento scolpito con cura e maestrìa amorevole. Sopra l’altare c’è il capolavoro di Chiocchetti, basato sulla Madonna delle olive di Nicolò Barabino, una piccola immagine datagli da sua madre che Domenico portò con sé durante tutta la guerra.

La cappella fu in uso solo per un breve periodo di tempo. Nel maggio 1945, prima che fosse completamente finita, i prigionieri furono trasferiti a Yorkshire per il rimpatrio, ma Chiocchetti rimase lì per completare la fonte battesimale a cui stava lavorando.

Christine Price