Uso e abuso di parole straniere nell’italiano

Uso e abuso di parole straniere nell’italiano

La lingua parlata è qualcosa di vivente, che si modifica continuamente.

Senza voler scrivere una nota di linguistica (non ne sarei capace), ricordo che nei millenni vi sono state sempre delle lingue “dominanti”, nel senso che si diffondevano e venivano usate oltre i confini delle nazioni in cui erano nate.

Basti pensare alle lingue medio-orientali, al greco e al latino, che due-tre millenni fa hanno avuto molta diffusione e venivano adoperate in particolare dalle classi dirigenti e da quelle più colte. Nel corso dei secoli successivi, vi sono poi state varie lingue che hanno avuto diffusione più o meno ampia.

Dal Rinascimento in poi, la lingua italiana è stata ampiamente usata, anche al di fuori dei confini del territorio italiano. In particolare veniva usata nelle arti pittoriche ed architettoniche, nella musica grazie ai grandissimi artisti italiani.  La gastronomia internazionale ha mutuato molte parole dalla nostra lingua.

Al contrario, la lingua italiana ha subito infinite influenze dai numerosi di popoli che si sono insediati nel nostro territorio che solo più tardi sarebbe diventato anche politicamente l’Italia unita. Ricordo i cosiddetti barbari del nord Europa, gli arabi, gli spagnoli, i francesi, e così via.

A partire poi dal XVIII secolo e, a seguire, negli anni successivi, si è avuta la diffusione della lingua inglese, che è andata di pari passo con l’espansione militare, economica dell’Impero inglese, verso Est, Ovest e Sud dell’Inghilterra, colonizzando ampi territori. Seguiva negli anni la colonizzazione anche culturale che però interessava solo un numero ristretto di persone indigene.

Nel XX secolo, si è aggiunta poi l’influenza politica, e a volte militare, degli Stati Uniti d’America che, essendo stati un’ex-colonia inglese ed avendone acquisito la lingua, hanno contribuito anch’essi a diffondendone l’uso.

Negli ultimi decenni l’uso dell’inglese ha avuto un ulteriore incremento, grazie al grande peso economico, scientifico e artistico, specie degli Stati Uniti, e della diffusione dei modi di vivere statunitensi. Oggi la comunità scientifica in tutto il mondo comunica esclusivamente in inglese. Anche in informatica si usano correntemente innumerevoli parole inglesi ormai inevitabili, proprio perché essa è nata parlando già questa lingua.

Nel corso dei secoli quindi si vede che diventa dominante la lingua dei popoli conquistatori, spessissimo con le armi e talvolta con la cultura, l’arte e gli stili di vita.

Dopo questa rapida, superficiale e, spero, non errata descrizione dell’evoluzione linguistica in Europa e non solo, vorrei venire a parlare, con maggiore leggerezza, dell’argomento di cui al titolo di questa nota.

In Italia, durante il ventennio fascista e ancor più nel periodo della seconda guerra mondiale, tutti i vocaboli stranieri, inglesi e francesi soprattutto, diffusi ampiamente nel linguaggio corrente venivano considerati come manifestazioni di antipatriottismo.

Per pura curiosità riporto una vecchia tabella trovata su internet che indica alcune parole straniere e traduzione proposta.

Oramai da decenni, vi è in Italia una forte tendenza ad adoperare dell parole straniere, specialmente inglesi. Ciò avviene, come in tutto il mondo, per l’inarrestabile “colonizzazione” culturale da parte del mondo anglofono, a cui si aggiunge l’atteggiamento un po’ da snob (scusate l’anglicismo) e un po’ da parvenu (scusate il francesismo) di molti di noi. E’ quasi diventato uno status symbol (scusate la locuzione inglese) infilare nel discorso a proposito e, talvolta, a sproposito, parole inglesi. Inoltre, va segnalato che la pronuncia e la correttezza delle parole adoperate talvolta hanno un effetto esilarante (vedi cartello qui vicino).

Anche la politica gioca la sua parte in questa esibizione di pseudo-cultura linguistica. Basti pensare ad alcuni termini ormai entrati nell’uso corrente, come spending review, jobs act, ed altre.

Forse bisogna ascoltare i suggerimenti dati da Francesco Sabatini, importante linguista e Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca (ente che in Italia e nel mondo è uno dei principali punti di riferimento per le ricerche sulla lingua italiana). Eccole:

  • Sei veramente padrone del significato di quel termine?
  • Lo sai pronunciare correttamente?
  • Lo sai anche scrivere correttamente?
  • Sei sicuro che il tuo interlocutore lo comprenda?

Sabatini continua dicendo che se non tutte queste condizioni sono soddisfatte vuol dire che: stai facendo una brutta figura, oppure usi quel termine per pigrizia.

Per finire, riporto una serie di parole che hanno un corrispondente termine in italiano, altrettanto efficace e ben noto.

 

All inclusive: tutto compreso

Abstract: riassunto

Audience: pubblico

Background: sfondo

Backstage: dietro le quinte

Badge: tesserino

Benchmark: parametro di riferimento

Boss: capo

Brand: marca

Break: pausa

Business: affari

Buyer: compratore

Cash: contanti

Coach: allenatore

Concept: idea

Community: comunità

Cool: figo

Copyright: diritto d’autore

Deadline: scadenza

Display: schermo

Fashion: moda

Flop: fiasco

Food: cibo

Freelance: libero professionista

Gossip: pettegolezzo

Happy end: lieto fine

Hotel: albergo

Look: aspetto

Mail: posta

Make up: trucco

Manager: dirigente

Match: partita

Meeting: incontro

Mission: missione

News: notizie

Okay: va bene

Part time: orario ridotto

Partner: compagno/a

Party: festa

Peer review: revisione tra pari

Relax: rilassarsi

Trend: tendenza

Show: spettacolo

Sexy: sensuale

Staff: personale

Startup: nuova impresa

Team: squadra

Ticket: biglietto

Trash: spazzatura

Weekend: fine settimana

Workout: allenamento

Workshop: seminario

 

Detto tutto questo, credo che il buon senso consigli di adoperare le parole straniere solo quando è indispensabile, seguendo appunto le regole indicate da Francesco Sabatini.

Luigi Catizone