Altre regole di scrittura suggerite da Umberto Eco (2)

Altre regole di scrittura suggerite da Umberto Eco (2)

Nel numero precedente della Rivista Dante Review, abbiamo pubblicato le prime 20 regole di scrittura suggerite da Umberto Eco.

Ci hanno detto che sono state apprezzate, specie in alcuni tavoli di conversazione. Vogliamo quindi riproporre le altre 20 che trovate più avanti.

Se non avete letto le note biografiche su Umberto Eco pubblicate nel numero precedente, vi invitiamo a farlo, per avere qualche elemento biografico di questo eccezionale personaggio della seconda metà del ‘900 e dei primi anni 2000. Era nato infatti il 5 gennaio 1932 ad Alessandria, è morto il 19 febbraio 2016 a Milano.

Oltre che scrittore di romanzi di grandissimo successo in tutto il mondo, scrisse anche alcuni saggi che influenzarono moltissimo il costume italiano degli anni del boom economico.

Ricordiamo, uno per tutti, il saggio “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, pubblicato nel 1963, nel quale venivano studiate le motivazioni per cui questo personaggio era diventato un mito vero e proprio, grazie alla televisione. Molti dei lettori meno giovani, che abbiano una certa dimestichezza con le cose italiane, ricordano questo presentatore, Mike Bongiorno, che per oltre 50 anni è stato all’apice della popolarità, presentando innumerevoli spettacoli televisivi. Chi non ricorda il gioco a quiz intitolato “Lascia o Raddoppia”, lo spettacolo forse più famoso da lui presentato, e la sua celeberrima espressione di saluto “Allegria!”.  Per moltissimi anni il giovedì sera tutti gli italiani stavano attaccati al televisore per seguire le domande e le risposte del gioco a quiz. Molti dei campioni divennero personaggi notissimi.

Eco conosceva bene Mike Bongiorno, essendo stato anche tra gli autori di questo spettacolo per molti anni. Lo studio del personaggio di Mike Bongiorno non fu per nulla benevolo, anzi spesso era sprezzante, al limite dell’offesa.

Alcune sue definizioni furono particolarmente taglienti: “Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà“; ”non provoca complessi di inferiorità, pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello”; ”convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità”. Molte altre sono altrettanto pungenti.

Un ritratto che ovviamente non piacque a Mike Bongiorno, il quale teneva a ricordare che Eco era stato tra i collaboratori di “Lascia o raddoppia”.

Ma veniamo alle altre 20 regole di scrittura di Umberto Eco:

  1. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
  2. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
  3. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  4. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
  5. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
  6. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
  7. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  8. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
  9. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
  10. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
  11. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
  12. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
  13. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
  14. Non andare troppo sovente a capo.

Almeno, non quando non serve.

  1. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
  2. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
  3. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
  4. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
  5. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
  6. Una frase compiuta deve avere.

A cura di Luigi Catizone