Corrispondenti dall'Italia - Le Tarantate di Galatina

Corrispondenti dall’Italia – Le Tarantate di Galatina

C’è una piccola chiesa in Galatina, cittadina del Salento, nel sud della Puglia, dedicata ai Santi Pietro e Paolo. La chiesetta merita questo breve cenno che le dedichiamo, non per l’inesistente valore artistico ma per l’usanza di portarvi le “Tarantate”, cioè le donne, per lo più contadine o casalinghe, che si diceva fossero state punte dalla “taranta”, un ragno tipico di queste zone.

Si intrecciano in questa vicenda delle “tarantate” galatinesi eventi reali (pochi), ed elementi fiabeschi o leggendari (molti) come non di rado accade nelle tradizioni popolari. La leggenda vuole che gli apostoli Pietro e Paolo, durante il loro viaggio di evangelizzazione, sostassero a Galatina, e che San Paolo, riconoscente per la calda ospitalità ricevuta da un nobile galatinese nel proprio palazzo, che sorgeva nel posto ove ora è ubicata la Chiesetta, desse a lui ed ai suoi discendenti il potere di guarire coloro che fossero stati morsi da ragni velenosi, detti appunto nel dialetto locale “tarante”.

Da qui l’annuale ricorrenza, ogni 29 giugno, di un rito di tipo esorcistico, effettuato sulle donne che si ritenevano punte dalla “taranta”. Tale rito iniziava nelle loro abitazioni e si concludeva con la “liturgia” nella Chiesetta di S. Pietro e Paolo, dove venivano accompagnate da musicanti provvisti di violini, tamburelli, armoniche e organetti, per ringraziare S. Paolo della grazia ricevuta o per invocarla.

Naturalmente la “taranta” o meglio la tarantola (il termine scientifico è “Lycosa tarantula”) esiste realmente, tuttavia si tratta di un ragno di grandi dimensioni il cui morso, benché doloroso, è praticamente innocuo, e il   cui veleno non è in grado di causare nessuno dei sintomi manifestati dalle tarantate. Si era quindi ipotizzato che una causa possibile dei sintomi potesse essere un altro ragno, la malmignatta (“Latrodectus  tredecimguttatus”) o vedova nera meditarranea, un animale di piccole dimensioni il cui morso quasi indolore è tuttavia molto pericoloso, ed è causa della  sindrome neuro-tossica nota come Iatrodectismo, sindrome che, in qualche misura, poteva richiamare i sintomi riscontrati nelle tarantate.

Tuttavia va ricordato che i lavoratori agricoli a rischio di essere morsi dalla malmignatta erano quasi esclusivamente uomini, mentre le tarantate erano quasi esclusivamente donne, per cui è lecito sospettare che anche nel caso della povera malmignatta, si trattasse per lo più di calunnie belle e buone.

Il De Martino, un eccellente ricercatore del secolo scorso,  nella sua  monografia etnografica “La Terra del Rimorso”, testo fondamentale per inquadrare correttamente il fenomeno di cui parliamo, attribuiva i sintomi riportati dalle tarantate al disagio  psicologico e sociale che affliggeva all’epoca le donne, nei paesi poveri del meridione e, trattandosi spesso di donne giovani e nubili, non è escluso che il loro scatenarsi in contorsioni e balli, talora lascivi, non fosse anche una reazione ai rigidissimi  canoni sessuali che, all’epoca, venivano loro  imposti.

Naturalmente l’analizzare a fondo il fenomeno del Tarantismo, è assolutamente al di là della mia modestissima competenza in materia e quindi mi fermo qui. Posso invece rendere edotto il lettore su quale fosse la risonanza che tale fenomeno aveva nella mia fantasia di bambino galatinese. Ricordo che mio padre, un avvocato con la passione per il filosofo Benedetto Croce, sul quale aveva scritto anche un paio di monografie, ma che non disdegnava le tradizioni popolari del posto, accompagnava me e miei fratelli, a fine Giugno, in occasione dell’esorcismo sulle tarantate, presso la Chiesetta di cui parliamo, ad assistere alla cerimonia.

Per la verità il termine “assistere” è una parola impropria, poiché la barriera umana costituita dagli spettatori che partecipavano in gran numero alla cerimonia, nella chiesa peraltro molto piccola, impediva a noi bambini, ogni approccio visivo, ed anche i tentativi che noi facevamo di guardare tra le gambe degli astanti erano generalmente infruttuosi.

Potevamo tuttavia sentire le urla ed i rumori che provenivano dall’interno della chiesetta e che accendevano la nostra ingenua fantasia su quanto di misterioso e terribile, potesse accadere all’interno della chiesa. Va aggiunto che le nostre fantasie venivano alimentate anche dai racconti dei compagni di scuola che, spacciandosi, non so quanto correttamente, per testimoni oculari (che invidia nei loro confronti!), raccontavano di donne più o meno discinte che si arrampicavano agevolmente sui muri, si contorcevano, camminavano sulla schiena usando mani e piedi come fanno i ragni, e così via. Si raccontava anche di bambini o adolescenti aggrediti dalle ossesse solo perché indossavano abiti di color rosso (la leggenda voleva che i colori vivaci eccitassero le tarantate) e tutto ciò naturalmente ci faceva rabbrividire di paura. Tali racconti inoltre facevano sì che quando poi, a Luglio, si andava in campagna per la villeggiatura, noi bambini, prima di andare a dormire, esaminassimo minuziosamente le lenzuola dei nostri letti, per evitare che un maledetto ragno, ivi intrufolatosi, ci pungesse nel sonno.

Poi, con il tempo, si finisce per avere nostalgia anche di quelle paure infantili.

Sandro Zuccala’