Gustose ricette dalla Puglia

Gustose ricette dalla Puglia

I “Sospiri” di Bisceglie

Il più famoso dolce tipico di Bisceglie, ridente cittadina a nord di Bari in Puglia, è il “sospiro”. Una leggenda riferisce che la ricetta si tramandi dal lontano XV secolo; le monache Clarisse producevano e sfornavano i cosiddetti “sospiretti delle monache”, realizzati con Pan di Spagna farcito con crema e il tutto ricoperto da una glassa di colore rosa. Si racconta che questi dolci furono preparati dalle Clarisse per le nozze tra Lucrezia Borgia e il conte di Conversano, ma la sposa non arrivò mai; nel frattempo gli ospiti sospiravano per l’attesa e quindi questi dolci furono mangiati. Un’altra leggenda racconta che un giovane innamorato inventò i sospiri riproducendo i seni della sua amata.  All’epoca si profumavano con una goccia di rosolio, il liquore di rose. Oggi viene utilizzato un po’ di limone per dare freschezza e per evitare l’alcool che non è da tutti gradito.  Localmente sono, comunque, conosciuti anche con il nome di Dolci della Sposa perché vengono serviti in occasione dei matrimoni. Dal 2014 Il sospiro di Bisceglie è diventato presidio Slow Food, ed è entrato nell’Arca del Gusto, rete di eccellenze di biodiversità da preservare.

Il “Timballo” e la tradizione della “Madonna della Fonte”

La Madonna della Fonte è la protettrice di Conversano, un attivo centro in collina a circa 30 km da Bari. La Festa patronale a lei dedicata è, oltre che religiosa, anche la festa di Primavera. Petali di rosa profumatissimi, infatti, vengono lanciati dai balconi delle case al passaggio del bellissimo quadro bizantino raffigurante la Vergine Maria insieme a Gesù bambino.

Nel giorno della Madonna della Fonte, vi è stata sempre l’usanza di preparare il buonissimo timballo: pasta fatta in casa e cotta al forno, contenente polpettine di carne impanate con il pan grattato, prima fritte e successivamente immerse nel ragù.

Ma ciò che lo rende originale è senza dubbio il rituale che lo accompagna. Le donne si alzano molto presto al mattino per prepararlo, quindi, per conservarlo caldo e sugoso, lo avvolgono con coperte di lana, tradizione tramandata di generazione in generazione. Il pasto, tanto sostanzioso quanto gustoso, è così conservato per permettere ai vari componenti della famiglia di recarsi tutti insieme a vedere la processione che si snoda per le strade del paese, raggiungendo infine il punto più alto di Conversano. Qui il quadro, girato verso il mare, saluta quelle onde che, secondo la leggenda, lo salvarono dall’iconoclastia orientale. La mattinata è lunga, ma la famiglia, tornata a casa, ha la possibilità di gustare il buonissimo timballo, preparato con cura all’inizio di questa memorabile giornata, che ama ripetersi ogni anno.

La “Cialedda”, il gusto di una volta…

In Puglia, tutti, almeno una volta nella loro vita, hanno gustato la “cialledda”.

Si tratta di fette di pane ammorbidite in acqua e, successivamente, condite con pomodori spezzettati, sale, olio, origano e, secondo i propri gusti, cipolla, peperoni, cocomero, rucola. Le si può insaporire maggiormente con una punta di peperoncino e, se si è amanti della carne, aggiungervi degli affettati. Detto così sembra trovarsi di fronte a qualcosa di assolutamente semplice ed insignificante…e invece!!! La “cialledda” è qualcosa di veramente speciale. Gusto e profumo antichi, vivide immagini di una società povera, abitudine radicata, non tanto per tradizione, ma per necessità, di chi, prima di recarsi nei campi a lavorare duramente sotto la calura estiva, bagnava il pane raffermo nell’acqua e lo condiva con olio e pomodorini, che lo avrebbe aiutato a sopportare la fatica della giornata, fino al tramonto. Il pane era quello che avanzava dai pasti dei giorni precedenti e che veniva conservato con la cura perché nulla andava sprecato. Oggi la “cialledda” abbellisce gli aperitivi di ristoranti “di lusso” che vantano cucina tipica, la quale, in nome di quella genuinità che deriva da antiche tradizioni, sconfigge facilmente il cibo industriale. Sono ormai tanti i ristoranti e le trattorie che, nel novero dei piatti del loro menù, inseriscono la “cialledda”, più gustosa se accompagnata da un vino del luogo. La “cialledda” conserva il ricordo dei nostri avi e di quei loro pochi momenti di piacere, quando il sapore fresco dei pomodorini rossi risanava dall’arsura e dell’afa, ricaricando lo spirito.

Nicola Capuano Giannattasio – insegnante di Bari