“La ragazza” della Via Gluck

“La ragazza” della Via Gluck

Arrivati in Australia pochi anni fa, mio marito ed io avevamo scelto, per insediarci nella nostra nuova vita Aussie, un suburb tranquillo e nel verde, con una riserva vicina, con canguri curiosi, pappagalli colorati, un po’ rumorosi, ma pittoreschi, coniglietti vispi e simpatici che scorrazzavano anche in giardino: visione bucolica? NON SO, ma, almeno qui a Canberra, normale ed usuale, ma poi…

Ruspe, polvere, rumori, vibrazioni, deviazioni di strade, interruzioni di luce, alberi abbattuti, siepi divelte, radici strappate dalla terra con ruspe dentate simili a bocche di mostri che con morsi voraci ingoiano e sputano tutto ciò che trovano sulla loro strada: visione apocalittica? NON SO, ma ora molto frequente: si costruisce ovunque e qualcuno si vanta di voler letteralmente distruggere l’immagine di Bush Capital, per farne una metropoli: giusto o sbagliato? NON SO, ma di metropoli ce ne sono già tante e tutte finiscono per assomigliarsi, perdendo le loro primitive caratteristiche e identità…

E allora, da Italiana di recente immigrazione, ricordo una canzone che sembra “cadere a fagiolo” (come si dice), per descrivere il mio attuale stato d’animo davanti allo scempio che stanno perpetrando davanti a casa mia, qui a Watson, dove ora mi sento sotto assedio, col cemento che avanza inesorabilmente…

La canzone è “Il ragazzo della via Gluck”, del 1966, in pieno boom economico, e cantata da Adriano Celentano, cantante ed autore di brani di successo, anche oggi.

 

La musica è di Adriano Celentano e le parole di Luciano Beretta e Miki Del Prete. Dice….

 

Questa è la storia
Di uno di noi
Anche lui nato per caso in via Gluck
In una casa, fuori città
Gente tranquilla, che lavorava
Là dove c’era l’erba ora c’è
Una città
E quella casa
In mezzo al verde ormai
Dove sarà

Questo ragazzo della via Gluck
Si divertiva a giocare con me
Ma un giorno disse
Vado in città
E lo diceva mentre piangeva
Io gli domando amico
Non sei contento
Vai finalmente a stare in città
Là troverai le cose che non hai avuto qui
Potrai lavarti in casa senza andar
Giù nel cortile

Mio caro amico, disse
Qui sono nato
In questa strada
Ora lascio il mio cuore
Ma come fai a non capire
È una fortuna, per voi che restate
A piedi nudi a giocare nei prati
Mentre là in centro respiro il cemento
Ma verrà un giorno che ritornerò
Ancora qui
E sentirò l’amico treno
Che fischia così
“Wa wa”

Passano gli anni
Ma otto son lunghi
Però quel ragazzo ne ha fatta di strada
Ma non si scorda la sua prima casa
Ora coi soldi lui può comperarla
Torna e non trova gli amici che aveva
Solo case su case
Catrame e cemento

Là dove c’era l’erba ora c’è
Una città
E quella casa in mezzo al verde ormai
Dove sarà

Ehi, ehi

La la la la la la la la

Eh no
Non so, non so perché

Perché continuano
A costruire, le case
E non lasciano l’erba
Non lasciano l’erba
Non lasciano l’erba
Non lasciano l’erba

Eh no
Se andiamo avanti così, chissà
Come si farà
Chissà

https://www.youtube.com/watch?v=_sYDfESbJAY

Anche nel mondo anglo-sassone, nella traduzione inglese, ebbe un grande successo nella versione di Verdelle Smith negli ultimi anni ’60, con il titolo di Tar and Cement

 

The town I came from was quiet and small
We played in the meadows where the grass grew so tall
In summer the lilacs would grow everywhere
The laughter of children would float in the air

As I grew older I had to roam
Far from my family, far from my home
Into the city, where lives can be spent
Lost in the shadows of tar and cement.

And every night I’d sit alone and learn
What loneliness meant
Up in my rented room above the world
Of tar and cement.

Each day I’d wake up and look at the sky
Think of the meadows where I used to lie
Then I’d remember all of that’s gone ou’re in the city, you better push on

Get what you came for, the meadows can wait.

Get what you came for, before it’s too late

 

And every night I’d sit alone and learn
What loneliness meant
Up in my rented room above the world
Of tar and cement.

Many years later, tired at last
I headed for home to look for my past
I looked for the meadows, there wasn’t a trace
Six lanes of highway had taken their place
Where were the lilacs and all that they meant
Nothing but acres of tar and cement.
Yet I can see it there so clearly now
Where has it gone?
Yes I can see it there so clearly now
Where has it gone?

Where are the meadows? (tar and cement)
Where are the lilacs? (tar and cement)
And where is the tall grass? (tar and cement)
The laughter of children? (tar and cement)
Nothing but acres (tar and cement)
Acres and acres

https://www.youtube.com/watch?v=17bH-7TrZQ4

Quando la ascoltavo, nel passato, mi sembrava improntata ad una nostalgia del tempo che fu, un po’ retorica, semplicistica e di maniera, ma ora, incredibilmente, in ben diverse circostanze, tempi e modi, me la canto tra me e me e mi ci ritrovo: mai dire mai!!

Ora sono io “la” ragazza della via Gluck!

P.S. – La via Guglielmo Gluck è nella zona nord di Milano e vi abitò a lungo la famiglia di Adriano Celentano negli anni ’50-‘60