L’AUTOBUS NUMERO 2 DA VENEZIA - UN’AVVENTURA NEL CUORE DELLA NOTTE

L’AUTOBUS NUMERO 2 DA VENEZIA – UN’AVVENTURA NEL CUORE DELLA NOTTE

Nel maggio del 2018, mi ero iscritta ad un corso intensivo alla Scuola di Italiano Dante Alighieri a Recanati, nelle Marche. Può darsi che Recanati sia più conosciuta come il luogo di nascita del poeta Giacomo Leopardi. È sua la poesia L’Infinito, da cui prende il nome la scuola d’italiano, “Campus Infinito” che ho frequentato e che si trova in cima ad una ripida collina che si affaccia su vigneti e fattorie verdi. La scuola mi aveva aiutato a trovare una stanza al Gallery Hotel, dove ho vissuto comodamente durante il mio soggiorno a Recanati. Recanati è una delle città più belle d’Italia: infatti, un amico italiano me l’aveva descritta come “un gioiello” ed è veramente così. È un posto tranquillo, una caratteristica che sarà importante per quanto racconterò più avanti…. Nonostante sia una città piccola, ci sono tante cose da fare, sia a Recanati che nei dintorni. La scuola organizza visite guidate per gli studenti al Museo Emigrazione Marchigiana, alla Casa Leopardi ed alle Grotte di Frasassi. C’è anche il museo dove c’è il dipinto “Annunciazione” di Lorenzo Lotto. Il modo di rappresentazione delle figure in questo capolavoro è certamente eccentrico, compreso il gatto che fugge spaventato e che pare abbia appena calpestato un filo elettrico. Adesso, occorre che io torni al tema principale della mia storia. Tra le visite organizzate dalla scuola, c’era una gita a Venezia, per la quale occorrono circa 18 ore. I partecipanti dovevano essere alla fermata dell’autobus alle 4:30 per partire alle 5:00. A Venezia gli studenti avevano a disposizione solo circa 5 ore per godersi le meraviglie della Repubblica Serenissima e magari passeggiare per la città, fare shopping o pranzare. Ad essere onesta, all’inizio pensavo di non partecipare, a causa del lungo viaggio, il breve tempo in città e la prevedibile grande folla a Venezia. Ma erano passati tanti anni da quando avevo visitato Venezia e pensavo che sarebbero passati ancora tanti anni prima di aver l’opportunità di tornarci di nuovo. Quindi, mi svegliai alle 4:00 del mattino di domenica 26 maggio e incontrai i miei compagni di scuola alla fermata dell’autobus. Il programma prevedeva che l’insegnante, all’arrivo a Venezia, ci avrebbe accompagnato in un breve tour della città e poi ognuno poteva andare in giro liberamente. Io scelsi di visitare il Teatro La Fenice, prima di incontrarmi con due amici della scuola, Lyn (da Brisbane) e Doug (da Perth), per prendere un caffè al Florian e pranzare in un ristorante con vista sul Ponte di Rialto. Nonostante la folla, l’atmosfera era favolosa e ci divertimmo molto. Giunta l’ora di tornare a Recanati, Lyn ed io salimmo sull’autobus insieme agli altri studenti e all’insegnante. Eravamo sull’autobus Numero 2 (uno dei due di quella notte). Il programma prevedeva che ci fermassimo per cenare sull’autostrada.

Avevo però deciso di non cenare, perché ancora sazia dal pranzo. Verso le 21,30 l’autobus partì per Recanati. Improvvisamente, dopo solamente pochi minuti, l’autobus cominciò a fare un rumore inquietante. Lyn, che era seduta al finestrino vicino al motore dell’autobus, cominciò a lamentarsi per il caldo. L’autista fermò l’autobus al lato dell’autostrada per fare alcune riparazioni e ripartì poco dopo. Dopo solo quindici minuti l’autobus si fermò di nuovo in una piazzola di sosta a breve distanza dall’autostrada. L’autista, senza spiegazione, chiese di scendere dall’autobus ed aspettare: erano le 22,30. Non c’era niente nelle vicinanze tranne un albergo moderno e ben illuminato e un rimorchio su cui c’era una mongolfiera sgonfia. Per niente utile! L’autista ed il suo collega tentavano di riparare il motore con i pochi strumenti che avevano a disposizione, ma sembrava che i loro sforzi fossero inutili. Per un motivo che non ho ancora capito, a noi studenti era vietato rimanere sull’autobus. Il tempo passava e noi eravamo al lato di una strada secondaria priva di servizi. Pertanto, camminavo su e giù, dall’autobus al rimorchio con la mongolfiera – camminavo, camminavo, camminavo… Alcuni degli studenti più giovani si lamentavano di essere stanchi e annoiati e chiedevano alla nostra brava insegnante Valeria quando saremmo tornati a Recanati. Di tanto in tanto sentivo i versi del bestiame a bordo dei camion sull’autostrada mentre passavano davanti a noi. Non c’era altro da fare che aspettare. Eravamo fermi nel mezzo del nulla nel cuore della notte. Infine, dopo circa un’ora di attesa, l’autista ci disse che la compagnia degli autobus avrebbe inviato un altro bus con autista per portarci a Recanati, ma che avrebbe impiegato comunque un’ora e mezza per raggiungerci. Un incubo! Ormai mi stavo pentendo della mia decisione di non aver cenato prima. Dopo quello che sembrò un periodo molto lungo, finalmente l’autobus sostitutivo arrivò all’1,00 circa. Stanchi, ma felici, salimmo tutti sull’autobus. Per andare a Recanati ci volevano circa due ore ancora. Nel frattempo pensavo alle fresche lenzuola bianche del mio letto nel mio hotel …. Finalmente arrivammo! Io avrei dovuto ancora percorrere 30 minuti di strada a piedi fino al mio albergo. Camminai con Lyn per pochi minuti, ma avevo un po’ di paura, perché presto avrei dovuto lasciarla ed andare da sola per la città. Non c’era assolutamente nessuno in giro a quell’ora e le strade erano assolutamente tranquille e vuote ma, fortunatamente, erano ben illuminate. La città era bellissima. Piazza Giacomo Leopardi ed il Palazzo Comunale erano inondati di una luce calda, anche se era davvero un po’ difficile godersi questa scena piacevole in quel momento. Presto arrivai al vicolo del mio albergo, una via stretta e silenziosa, soprattutto a quell’ora. Cercavo di camminare con piedi leggeri sulla strada acciottolata, ma non ci riuscivo. Mentre passavo, i cani nei cortili dei palazzi cominciavano ad abbaiare, così mi affrettai a passare come un topo furtivo sperando che nessuno si svegliasse. Finalmente giunsi al mio albergo. Che bello! Ma, cosa era successo? Il portone era chiuso! Subito ebbi paura di dover dormire per strada. Il coraggio cominciava a mancarmi, ma proprio in quel momento una luce si accese all’interno ed un uomo apparve dietro al portone di vetro. Fino ad oggi non so se lui sapesse chi io fossi e se fossi ospite dell’albergo. Però, aprì la porta ed entrai, mormorando le uniche parole di italiano che riuscivo a gestire a quell’ora “l’autobus era guasto…” e me ne andai a letto barcollando. Erano le 3.30 del mattino. Che nottataccia! Il mio letto non mi era mai sembrato così bello. Veramente, un’avventura indimenticabile nel cuore della notte.

Margaret Dorsch (Studentessa del corso Continuing Intermediate, DAS Canberra)