QUI DOVE CI PORTANO LE ORCHIDEEE UN VIAGGIO DI RICERCA DALLE ALPI ALL’AUSTRALIA

QUI DOVE CI PORTANO LE ORCHIDEEE UN VIAGGIO DI RICERCA DALLE ALPI ALL’AUSTRALIA

Fin da bambini siamo cresciuti a stretto legame con la terra e le sue montagne. Siamo nati ai piedi delle Prealpi. Entrambi ci ricordiamo con immensa gioia le passeggiate nei boschi, le escursioni in alta montagna e il senso di libertà che la quota ti dona. Sono emozioni uniche che si sprigionano nella solitudine della roccia nuda. Il silenzio profondo che le nostre Alpi ti omaggiano quando le attraversi è nutrimento per lo spirito. Per questo risalire una montagna ha significato aprire la veduta e guardare la nostra vita con nuovi occhi. Noi siamo cresciuti così con il naso all’insù e con i piedi per terra, guardando una nuova meta da raggiungere.

Questo desiderio di spazi aperti e di libertà ci ha portato poi ad innamorarci della Val Codera (provincia di Sondrio), che possiamo dire essere la nostra seconda casa.

Prati in fiore della Val Codera. Un Giglio di San Giovanni in primo piano

Quando siamo in Italia trascorriamo il nostro tempo in valle nella nostra cara baita, luogo per noi magico ed essenziale. Adoriamo respirare l’odore dolce dei prati di media montagna con le sue fioriture abbondanti sorvolati da ronzanti insetti che trafficano senza tregua le tratte da un maggengo e l’altro. Regine di questi prati sono le orchidee selvatiche, maestre di eleganza e armonia. Nel settembre 2012 ci siamo sposati e la nostra vita è cambiata radicalmente. Ci siamo avventurati in una luna di miele in Australia, durata 12 mesi. E’ stato un anno di viaggio, esperienze di lavoro, ricerca e soprattutto crescita personale.

Quello che l’Australia ci ha offerto in questo periodo è stato speciale, tanto che non siamo più tornati indietro alla vita che avevamo costruito, seppur ne eravamo molto attaccati. E’ stata una parentesi dove abbiamo giocato a reinventarci, sperimentando nuovi territori, lavori di ogni genere e generando sogni nel cassetto. Quali erano per noi questi sogni?

Uno degli incontri più sorprendenti ed inattesi durante il nostro viaggio sono state le orchidee. Tutto è partito da una telefonata che abbiamo attivato quando ci trovavamo a Margaret River. Stavamo vendemmiando in una delle regioni vinicole del Western Australia, quando tra un filare l’altro è nata quest’idea. La chiamata al direttore di Kings Park di Perth si concretizza in un incontro e immediatamente dopo in una collaborazione di ricerca, mirata all’investigazione delle strategie di impollinazione di un’orchidea nativa del Western Australia.

Il compito che ci è stato assegnato era di rispondere alla seguente domanda: come fa questa orchidea senza nettare ad attirare gli insetti impollinatori? Bella domanda! L’impollinazione, quando operata da animali, si basa su un principio di scambio dove l’insetto appunto, in cambio di una ricompensa che solitamente è il nettare, presta il suo ‘servizio’ di trasferimento del polline da una pianta all’altra.Così la pianta si assicura la sua riproduzione in natura, e l’animale che coopera in questo nobile compito riceve il suo meritato beneficio.

Orchidea bruciacchiata – Neotinea ustulata – Val Codera

Scopriamo che l’orchidea dal cappuccio verde (Greenhood orchid – Pterostylis sanguinea) emana un ferormone identico a quello emanato dalla femmina dell’insetto impollinatore. L’insetto maschio, una sorta di piccola mosca, viene attratto dal petalo dell’orchidea che rilascia il ferormone femminile, inducendolo ad entrare nel fiore. L’insetto, ignaro, si illude di accoppiarsi con la sua femmina. Così facendo il polline dell’orchidea gli rimane adeso sul dorso, pronto ad essere veicolato e deposto su un’altra orchidea. Sembrava che questa scoperta completasse la nostra parentesi australiana e che di lì saremmo rientrati permanentemente in Italia. Anche se avevamo capito che una sorpresa avrebbe catalizzato quella successiva.  Infatti, arrivati in Italia una chiamata ci porta ad accogliere un nuovo incarico di lavoro, questa volta nella foresta amazzonica peruviana.

Partiti con un incarico volto prevalentemente ad approfondire lo stato di salute delle piantagioni di cacao, le orchidee si sono nuovamente palesate. Questa volta sotto forma di Vaniglia.  Eh sì, per chi non lo sapesse la Vaniglia che assaporiamo nei dessert, gelati e quant’altro, così come quando ci lasciamo inebriare dalla sua fragranza, è un’orchidea dal fiore grande e giallo tenue. Ma le sue prelibatezze derivano dai semini di grandezza infinitesimale.  Più che alle note aromatiche molto apprezzate, la nostra attenzione era mirata ad investigare lo stato di salute delle varietà native che crescono nel bacino di Madre de Dios, un affluente del Rio delle Amazzoni. Dopo lunghe attese e giornate spese nell’habitat di queste specie di Vaniglia, scopriamo che un’ape di nome Euglossina è coinvolta nel trasferimento del polline. Grazie alle grandi dimensioni di queste api, le Euglossine possono percorrere distanze importanti fino a raggiungere i 20 Km. Questa evidenza ci rincuora, avendo toccato con mano la realtà frammentata della bosco tropicale dove la Vaniglia nativa cresce. La deforestazione avanza inesorabile lì, ma gli impollinatori come dei messaggeri scrupolosi e determinati mantengono viva la connessione tra le popolazioni di Vaniglia.

Dall’altra parte del mondo, mentre si chiude l’investigazione amazzonica, una nuova orchidea bussa alla porta. Questa volta è sconosciuta ed ha un buffo nome, si chiama orchidea asino (Donkey orchid – Diuris brumalis) per via dei suoi prominenti petali che richiamano per l’appunto le orecchie di un asino.

Dallo studio di questa orchidea nasce un dottorato di ricerca italo australiano, tra l’Università di Napoli Federico II e la Curtin University di Perth. Come avviene per un terzo di specie di orchidee (in totale ne sono conosciute circa 25.000 specie al mondo), questo gruppo non produce una ricompensa in termini di nettare per l’insetto. Come fa quindi l’orchidea a riprodursi ed ad attirare l’impollinatore? Non si tratta di mimetismo sessuale come nel precedente studio.

Siamo quindi di fronte ad un’altra eccezionale strategia di impollinazione messa a punto dalla pianta. Muniti di video camera e di spettrometro per misurare le frequenze di colore emanate dalla orchidee, realizziamo che un’ape nativa australiana, molto veloce confonde l’orchidea per circostanti piante leguminose. Ci domandiamo, ma cosa ricerca l’ape nell’orchidea? La risposta arriva da una constatazione di fatto: le leguminose producono nettare, mentre le orchidee no. Le api sono alla ricerca del nettare che trovano spesso e volentieri sulle piante leguminose, talvolta però atterrano anche sul petalo ‘piattaforma’ dell’orchidea. Eppure le orchidee e le leguminose non sono molto simili fra loro!

Di lì a poco lo spettrometro ci rivela però che i fiori delle leguminose e delle orchidee, sulla base della visione delle api, sono pressoché identici. Infatti entrambe le piante emanano simili frequenze di luce ultravioletta che all’occhio umano sfuggono totalmente, ma non alle api. L’inganno è quindi svelato. Si tratta di un caso di mimetismo basato sulla risorsa, il prezioso nettare. Infatti, produrre nettare richiede molta energia per l’orchidea che si è adattata a vivere con una manciata di nutrienti a differenza di molte altre piante. Orchidea astuta? Certo l’intelligenza delle piante ci sorprende sempre di più, ma alla base di questa scelta c’è una regola importante da rispettare. L’orchidea si presenta sempre meno abbondante del suo modello. Niente giochi di manipolazione o sfruttamento delle risorse, l’equilibrio e il rispetto sono indispensabili per la co-esistenza delle piante e dei suoi impollinatori.

Non si sa in quale altro angolo del mondo ci porteranno di nuovo le orchidee. Ci auguriamo che riportino più spesso in Val Codera tra le nostre amate montagne. Tra poco è previsto un nuovo viaggio nel Sud Australia, a circa 800 km da dove ci troviamo ora. Con un pizzico di fortuna, incontreremo la Regina di Sheba, nota come una delle più belle orchidee del mondo. Chissà quale strategia custodisce nella sua inafferrabile bellezza.

Andrea Aromatisi & Daniela Scaccabarozzi

Andrea Aromatisi – Enviromental educator and professional carer, director of Earth to be, writer.

Daniela Scaccabarozzi Ph.D.- Pollination biologist, ecologist – University of Naples Federico II & Curtin University of Perth

Earth to be: https://www.youtube.com/channel/UCPiYc331EzrUocGfMnw5dyg