Raffaello Sanzio - Cinque secoli dalla morte

Raffaello Sanzio – Cinque secoli dalla morte

Ricorrono i 500 anni dalla morte del grande pittore e architetto italiano Raffaello Sanzio, nato ad Urbino (nelle Marche) nel 1483 e morto a Roma nel 1520, alla giovanissima età di 37 anni.

La sua tomba si trova al Pantheon. Per mostrare quanto grande fosse il suo valore e la sua importanza, anche tra i contemporanei, basterebbe leggere il suo epitaffio scritto da Pietro Bembo: Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci rerum magna parens et moriente mori (Qui è quel Raffaello, dal quale la Natura, grande madre di tutte le cose, temette di essere vinta quando egli era vivo, e di morire ora che egli è morto).

Raffaello trascorse i primissimi anni a Urbino che all’epoca era un centro culturale e artistico di rilievo e frequentò la bottega del padre, pittore di un certo rilievo. Ad Urbino ebbe anche modo di visitare a lungo il Palazzo Ducale, ricco di opere importanti.

Nella Bottega paterna apprese le tecniche di base della pittura e anche dell’affresco.

Presunto autoritratto di Raffaello

Nel 1494, quando Raffaello aveva 11 anni, il padre morì. Iniziò allora un periodo di spostamenti in diverse città, doloroso da una parte, ma utile per la formazione dell’artista. Ebbe modo di conoscere il Perugino e altri artisti. Si trasferì poi a Città di Castello, a Perugia e a Siena, su invito del Pinturicchio. In ogni città lasciava opere, come segno della sua arte. Lo Sposalizio della Vergine del 1504, conservata a Città di Castello, viene considerata la sua ultima opera giovanile.

Dal 1505, Raffaello soggiornò a Firenze per quattro anni, pur facendo viaggi e brevi soggiorni altrove, e senza mai recidere i contatti con l’Umbria, da dove giungevano sostanziose commesse. A Firenze, ebbe modo di studiare Masaccio e Donatello, ma anche di conoscere Leonardo e Michelangelo, che lavoravano in quella città, ed apprendere da loro alcune tecniche pittoriche.

A Firenze ebbe molte commesse importanti da committenti privati, soprattutto Madonne e Sacre

Famiglie. Del periodo fiorentino è la Madonna del Cardellino. A questo periodo appartengono anche molti ritratti, come la Donna gravidaAgnolo Doni e Maddalena Strozzi, la Dama col liocorno e la Muta. Ricordiamo anche la Pala Baglioni e la Madonna del Baldacchino.

Il periodo romano (1509-1520) fu quello sicuramente più fertile ed importante per Raffaello. A Roma venne chiamato, appena venticinquenne, da Papa Giulio II che stava facendo straordinarie opere di rinnovamento della città, utilizzando i migliori artisti dell’epoca, come Michelangelo e Bramante.

Si affiancò ad altri pittori che stavano decorando i nuovi appartamenti papali, le Stanze. Le sue prove nella volta della prima, poi detta Stanza della Segnatura, piacquero così tanto al Papa che decise di affidargli, fin dal 1509, tutta la decorazione dell’appartamento. Gli affreschi contengono, oltre ai quattro grandi lunettoni, con la celebrazione delle categorie del sapere (teologia, filosofia, poesia e giurisprudenza), anche le celeberrime La Disputa del Sacramento, La Scuola di Atene, Il Parnaso e La Virtù e la Legge.

Esauriti i lavori in questa Stanza, Giulio II gli affidò di decorare la successiva, detta poi Stanza di Eliodoro, dove Raffaello mostra una notevole evoluzione artistica. Gli importanti affreschi sono: La Cacciata di Eliodoro dal Tempio, La Messa di Bolsena, L’Incontro di Leone Magno con Attila e La Liberazione di San Pietro, nel quale raggiunge il culmine degli studi sulla luce. Quando nel 1513 Giulio II morì, il suo successore, Leone X, confermò tutti gli incarichi a Raffaello, affidandogliene presto anche di nuovi.

Lo Sposalizio della Vergine

Accanto al lavoro in Vaticano, molti altri personaggi di quel periodo volevano accaparrarsi l’opera di Raffaello. Tra questi il banchiere senese Agostino Chigi, che si era fatto appena costruire una splendida villa urbana da Baldassarre Peruzzi, poi detta Villa Farnesina. Raffaello vi fece, tra l’altro, Il Trionfo di Galatea e La Loggia di Psiche. Sempre per Chigi, Raffaello eseguì l’affresco delle Sibille e Angeli in Santa Maria della Pace e soprattutto l’ambizioso progetto della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, dove l’artista curò anche la progettazione dell’architettura, i cartoni per i mosaici della cupola e, probabilmente, i disegni per le sculture.

Dello stesso periodo sono molti i ritratti di personaggi importanti: Ritratto di cardinale (oggi al Prado) e il Ritratto di Baldassarre Castiglione.  Nel Ritratto di Tommaso Inghirami, detto Fedra, lo strabismo del personaggio viene nobilitato dalla perfezione formale dell’opera.

Dello stesso periodo, 1518-1519, è il celeberrimo e sensuale ritratto La Fornarina, sul cui significato e sull’identità del personaggio sono sorte molte dispute ancora aperte.

Nel frattempo, Raffaello continuava a lavorare, sotto Leone X, alla Terza Stanza, detta dell’Incendio di Borgo, incentrata sulla celebrazione del Pontefice in carica. La lunetta più famosa, nonché l’unica con il consistente intervento diretto del maestro, è quella appunto dell’Incendio di Borgo.

In quel periodo Raffaello venne un po’ distratto dagli affreschi della Terza Stanza, per la nomina a sovrintendente della Basilica vaticana dopo la morte di Bramante e dall’incarico di fare degli Arazzi per la Cappella Sistina, come desiderio di Leone X, da esporre per le occasioni più importanti.Il Raffaello architetto è stato valorizzato solo negli ultimi decenni. Per Agostino Chigi, aveva curato le cosiddette “Scuderie” di villa Farnesina, la cappella funeraria, detta Cappella Chigi, in Santa Maria del Popolo.

Lavorò anche all’architettura della Basilica di San Pietro, in particolare ripristinando il corpo longitudinale della basilica, da innestare sulla crociera avviata da Bramante.

Infine ricordiamo i molti Palazzi romani progettati e costruiti da Raffaello (palazzo Branconio dell’Aquila, Palazzo Jacopo da Brescia e Palazzo Alberini) e Palazzo Pandolfini a Firenze.

Un altro progetto, iniziatosi nel 1518 su incarico di Leone X, ma destinato a restare incompiuto, fu Villa Madama alle pendici del Monte Mario. L’opera venne sospesa all’epoca di Clemente VII e danneggiata durante il Sacco di Roma.

L’ultima sua opera su incarico del cardinale Giulio de’ Medici, fu la Trasfigurazione di Cristo, alla quale lavorò molto lentamente, tanto che alla sua morte non era ancora completa e fu probabilmente terminata da Giulio Romano nella parte inferiore.

Raffaello morì il 6 aprile 1520, a soli 37 anni, nel giorno di Venerdì Santo. Vasari racconta che la morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia, iniziatasi con una febbre “continua e acuta”, causata secondo il biografo da “eccessi amorosi”, e inutilmente curata con ripetuti salassi.

Qui non si è voluto certo fare una analisi storia ed artistica di un personaggio così importante dell’arte italiana e neppure raccogliere in poche righe la grandezza e le importanti opere di un grande Artista che durante la sua breve vita ha saputo raggiungere livelli toccati da pochi altri. Si spera solo di suscitare un po’ di interesse, auspicando che sia per tutti uno stimolo per ricerche e studi personali.

Luigi Catizone