TRIESTE, CITTÀ DEL CAFFÈ

TRIESTE, CITTÀ DEL CAFFÈ

Si parla di caffè e viene in mente Napoli dove, si sa, il buon caffè è una religione e farlo male è un peccato mortale. Pochi sanno però che il caffè fu portato a Napoli da Maria Carolina D’Asburgo, dopo che ebbe sposato Ferdinando IV di Borbone nel 1768.

Eh già, il caffè si gustava alla corte degli Asburgo a Vienna già dalla fine del 1600. Lo avevano portato i Turchi, giunti alle porte di Vienna con l’intenzione di conquistarla ma costretti a fuggire in fretta e furia abbandonando anche i preziosi sacchi del loro corroborante caffè. Questo avvenne nel settembre del 1683, quando le forze della Santa Lega giunsero in soccorso alla capitale Asburgica liberandola dall’assedio e sbaragliando l’esercito ottomano. Possiamo solo immaginare con quale soddisfazione i Viennesi di allora si gustarono i loro primi caffè.

L’uso della bevanda si diffuse rapidamente nelle corti d’Europa e Trieste divenne il porto principale per l’ingresso del caffè, attrezzato con magazzini adatti alla conservazione e torrefazioni dedicate al trasformare in “oro nero” quei preziosi e delicati chicchi verdi. Ancor oggi ogni anno arrivano al porto di Trieste quasi 2.5 milioni di sacchi di caffè verde, che viene in parte tostato nelle sue 20 diverse torrefazioni cittadine, in parte distribuito in tutta Europa. Trieste fu a lungo sede della Borsa del Caffè, dove si trattava il prezzo di milioni di sacchi, ed è oggi sede dell’Università’ del Caffè, centro di eccellenza per la ricerca fondato dal Illy nel 1999.

Per assaporare la lunga tradizione di Trieste per il caffè basta entrare in uno dei suoi elegantissimi Caffè storici, un tempo “case del caffè” (coffee house) dove assieme al permeante aroma morbido di caffè si percepisce ancora il profumo diffuso di vaniglia e spezie d’oriente.

Imperdibile è la visita al Caffè degli Specchi che si affaccia, con impeccabile e algida atmosfera Asburgica, alla bellissima Piazza Unità d’Italia. Concedersi una pausa al Caffè Pasticceria Pirona, locale preferito da Joyce, permette di apprezzare anche la varietà dei dolci triestini frutto dell’armonico intrecciarsi della tradizione italiana, austriaca e slovena. Per i più intellettuali consiglio l’Antico Caffè San Marco che è anche libreria, a ricordo dei tempi in cui i caffè erano luogo di ritrovo e discussione di letterati e artisti e antesignani think tank della buona borghesia triestina.

Potrà infine sorprendere sapere che nessun vero Triestino userà mai la parola caffè per chiedere un espresso al bar! A Trieste si chiede un “nero”, un “capo” un “goccia”, che possono essere normale (e in questo caso non serve specificare), oppure “deca” o “in B” se lo volete servito nel bicchiere di vetro. Se invece volete un cappuccino, chiedete un caffelatte. Volete un caffè espresso decaffeinato macchiato in bicchiere, chiedete un “capo deca in B”, lo volete con poca schiuma? chiedete un “goccia deca in B” vi prenderanno per veri Triestini!

Anna Maria Fioretti