Natale in Umbria: fra cavalieri erranti ed arte presepiale

Natale in Umbria: fra cavalieri erranti ed arte presepiale

L’Umbria è una regione discreta, che con i suoi ritmi docili riesce senza fatica a risvegliare la parte più calma ed umana dei molti visitatori.

Incastonata come uno smeraldo fra le più note ed estroverse regioni del centro Italia, è uno scrigno preziosissimo di tradizioni, gusto e storia.

Spesso è chiamata “Cuore verde d’Italia”. Il verde, in effetti, domina le delicate colline del territorio, anche in un periodo freddo ed aspro come l’inverno.

Le motivazioni della visita degli oltre 450.000 turisti vanno dall’amore per l’enogastronomia locale a quelle per la riscoperta di usi e costumi tradizionali.

Fiorentissima in loco è l’arte presepiale, che la leggenda vuole nata a Greccio (provincia di Rieti), nel 1223, da un’idea di San Francesco d’Assisi. Nonostante l’origine medievale, la storia di questa forma d’arte mostra le sue caratteristiche più preziose nelle produzioni del periodo fra XV e XVI secolo.

Nei grandi monasteri francescani ed in altri luoghi religiosi, sono conservate opere d’arte sacra dal valore indiscutibile, come L’adorazione dei magi o L’adorazione del Bambino del Perugino.

Oggi, l’amore per la rappresentazione della natività persiste nelle tante feste sparse per tutta la regione.

Fra i più amati c’è quello di Corciano, considerato fra i Borghi più belli d’Italia e meta europea di eccellenza per il turismo rurale. Ogni anno, il presepe monumentale di Corciano, che richiama ben 5000 visitatori, ha il suo fascino nella grandissima cura del particolare. Le statue hanno volti in terracotta, fatti a mano, e raccontano, attraverso un percorso che si snoda per tutto il paese, usi, costumi e mestieri dell’epoca.

Il presepe nel pozzo di Orvieto conserva invece l’identità più etrusca del popolo umbro. Allestito nel complesso dell’ipogeo del Pozzo nella Cava, ospita varie rappresentazioni sacre, inserite in grotte di epoca etrusca.

Accanto a questi, sono moltissimi i presepi viventi. Da non perdere assolutamente quello di Acquasparta, con i suoi ben 200 figuranti ed attori. Bellissimi anche quelli di Gualdo Cattaneo, Marcellano, o il presepe della Cascata delle Marmore.

A Gubbio ogni anno viene costruito l’albero di Natale elettronico più grande del mondo, nel Guinness dei primati dal 1991. A Miranda invece, adagiata sulle colline circostanti, splende la stella cometa luminosa di ben 3 ettari.

Tutte queste manifestazioni testimoniano delle spettacolarità di cui gli umbri sono capaci.

Nonostante la forte spinta sacra, gli abitanti di questa regione possiedono anche un importante lato enogastronomico. La cucina ha radici contadine e diventa più elaborata nel periodo delle feste, quando, in passato, questo era l’unico momento dell’anno durante il quale si sfruttavano a piene mani alcuni prodotti come la frutta secca, che primeggia nei tantissimi dolci tradizionali, e le carni.

Sulla tavola natalizia umbra non possono mai mancare i Cappelletti, una pasta ripiena locale, ed il cappone.

Come afferma Pellegrino Artusi nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, il nome “cappelletti” deriva dalla forma, a berretto, di questa specialità. La tradizione più fedele vuole il ripieno costituito da carni ricche e grasse, come il cappone, o la più povera, ma sempre dignitosa, tacchinella femmina.

Oggi il saporito gallo viene gustato un po’ da tutti, non solo come ripieno dei cappelletti, ma anche sotto forma di bollito o arrosto.

In alcune zone circoscritte crescono molto facilmente i cardi, specie ortiva minore italiana dello stesso genere dei carciofi. A Natale vengono cotti al forno ed arricchiti con formaggio stagionato e sugo di carne, soprattutto dai perugini, che li chiamano “gobbi”.

Ma la massima espressione delle feste umbre sono i dolci. Pensiamo alle Pinoccate, piccoli dolcetti a forma di losanga a base di pinoli e zucchero e prodotti a Dicembre e Gennaio. Pare che furono creati in onore delle nozze di un condottiero locale, Biordo Michelotti.

Più proletario invece è il torciglione, fatto con pasta di mandorle e a forma di serpente, ed il Pan Pepato ternano, ricco di frutta secca, miele e mosto cotto. Questo fu prodotto a partire dall’alto medioevo, ma nel XVI secolo venne vietato in tutti i monasteri, a causa dell’aggiunta nell’impasto, in quel periodo, del cacao, la nuova spezia americana considerata afrodisiaca e perciò capace di indurre alla lussuria.

Dell’Umbria e delle sue tradizioni si potrebbe parlare ore senza mai smettere, con curiosità ed aneddoti magici e bizzarri. Molto più semplice sarà visitarla: per toccare con mano i segreti di una terra che grazie alla propria geografia ed i propri abitanti è riuscita a mantenere inalterati i suoi colori e tradizioni antiche e profonde.

 

Maria Rinaldi Miliani (esperta in economia e cultura dell’alimentazione); Giuseppe Quintaliani